domenica 30 aprile 2023

Dal mio romanzo "Carissimo padre", Premio Tabula Fati per il miglior racconto di autore abruzzese

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Sara non ha molti ricordi concreti di quando aveva pochi anni, ricorda vagamente un’atmosfera tranquilla e felice e alcune immagini, flash di giornate nere, di quel nero denso che colora le notti più invernali. Si chiede perché i ricordi da scordare siano quelli che si ricordano per più tempo e in modo più preciso e pensa che forse la felicità non sarebbe tale se non fosse quel magico qualcosa che altera l’andamento uguale, normale, di giorni monotoni che rincorrono altri giorni cupi.

E quel giorno Sara non può dimenticarlo, non ci riesce a mandarlo via a calci anche se i calci che gli dà continuamente sono forti, arrabbiati. Allora torna a vedere sua madre in quella mattina di più di vent’anni fa, con quel suo vestito rosso e il fascino particolare che d’estate risplendeva sul suo viso e lungo tutto il suo corpo abbronzato. La vede entrare in quel negozio di giocattoli dai colori accattivanti e vivacissimi come Sara, la osserva mentre le sorride per invitarla a scegliere il suo regalo di compleanno e la guarda mentre se ne sta alla cassa un po’ dubbiosa perché la sua piccola ha chiesto come regalo uno strano barattolo di bolle di sapone più grande di lei. Ma Sara, ricorda, si ostinava a chiedere quello e quel regalo solamente e con gli occhi sfavillanti implorava la madre e cercava di convincerla dicendole che con l’"acchiappabolle" avrebbe potuto catturare bolle coloratissime e talmente grandi che avrebbero potuto sollevare in aria tutte e due.

Sara si ricorda quant’era contenta per aver ottenuto il suo regalo. Lo trascinava a fatica lungo il viale verso casa. Ogni tanto, però, si fermava sotto il sole di luglio per asciugarsi il sudore e, magari, per tranquillizzare un po’ i suoi brutti presentimenti.

Sara ricorda la faccia del padre al loro ritorno perché lui non sorrideva: non era felice che la sua bambina compisse gli anni? Turbato si aggirava per casa e Sara non sapeva perché fosse agitato ma ricorda il pranzo silenzioso e poi, all’improvviso, le voci dei suoi genitori che si alzano, le sopracciglia del padre che si inarcano, la sua bocca che si spalanca e le mani…le braccia di entrambi che si agitano e si scontrano rumorosamente e ripetutamente. Ricorda molto bene il gelo profondo che la ferì in quel momento di quell’estate torrida, ricorda di non essersi potuta muovere perché non era riuscita a farlo per la paura.

Quello strappo sul bel vestito rosso della mamma non se lo scorderà più, purtroppo.

Tutte le volte che lo vedrà, il vestito rosso, anche tanti anni dopo, lei lo tornerà a sentire dentro quello strappo che, però, non si vede più. Non lo vedono gli altri. Lo vede sua madre che l’ha ricucito più per sua figlia che per se stessa.

Sara ricorda che quel pomeriggio era andata in giardino a giocare con l’"acchiappabolle". Le bolle non erano di tutti i colori. L’unico colore era il grigio. E non erano tanto grandi da riuscire a sollevarla. Non riuscivano nemmeno a sollevare via l’espressione cattiva di suo padre. E il perché Sara non lo sapeva.