sabato 26 novembre 2022

Estratto dal mio romanzo "Simone il bamboccion...e..."

 

Questa è una storia che fa ridere, fa ridere molto perché è una storia triste, molto triste e perciò fa ridere, fa ridere molto perché in questo mondo, ormai, quello che è triste fa ridere, fa ridere molto perché ... nessuno è triste o pensieroso o, almeno, nessuno deve sembrare triste o pensieroso, altrimenti vuol dire che è sfortunato, “sfigato” o, chiamatelo un po' come volete, ma ci siamo capiti. Tutti ridono, sempre, tutti sono sicuri, sicurissimi di sé anche quando sbagliano, proprio quando sbagliano perché, proprio allora, se loro sbagliano la colpa ce l'avete voi, voi che non avete sbagliato, voi che vi siete comportati bene, onestamente, normalmente ... ma, in fondo, oggi che cos'è la normalità? Chi ha torto ha ragione e chi ha ragione ha torto!


Sì, tutto questo discorso può sembrare strano, molto strano e pure confuso, molto confuso, ma vi assicuro che nella testa di Simone, Simone il bamboccione per tutti, questo discorso ha senso, accipicchia se ha senso però voi non lo potete sapere perché non conoscete la sua storia e allora conviene raccontarla per bene, da capo, con ordine e così capirete che la storia di Simone è una storia che fa ridere, fa ridere molto perché è una storia triste, molto triste e a quel punto starà a voi capire se è meglio ridere o piangere, se siete tipi che si vergognano di piangere, se siete tipi che si vergognano delle cose tristi perché sono troppe serie, sono troppo sfigate e allora fate un po' come volete: chi vuole piangere pianga e chi vuole ridere rida ... inutile, per ora, dire a chi di voi Simone riserverà la sua stima.




CAPITOLO PRIMO

"Le due case"


Simone ha trentadue anni e in trentadue anni ha vissuto in due case. Nella prima casa ha abitato fino all'età di tre anni, fino a quando sua madre ha deciso di andarsene dalla prima casa e di portarlo via con sé.

Sì, aveva solamente tre anni, ma lui ricorda molte cose di quei primi mesi di vita; dice di ricordare, per esempio, la zia Saveria morta quando lui ne aveva due di anni e sostiene di ricordare bene persino i suoi baffi neri (e non è a dire che in giro ci siano fotografie della bella Saveria … ); dice di ricordare il gatto che, quando aveva un anno, sua cugina buttò per sbaglio dalla finestra scambiandolo per un peluche e dice persino di ricordare il giorno della sua nascita, le luci, gli odori masticati tra le lacrime dei primi vagiti ... mah! Prima Marta, quando Simone le raccontava queste cose serio serio ne rideva e, quando lui perseverava, ci si infuriava e gli urlava contro:


- Ma che pensi di esserti scelto per fidanzata una deficiente? Come credi che si faccia a ricordare delle cose talmente ... “lontane”? -


Poi, con il tempo, Marta ha capito che quei ricordi erano i pochi che vedevano la presenza del padre di Simone nella sua vita, quei pochi che dipingevano nella sua testa un'atmosfera famigliare, affettuosa e, allora, tutte le volte che Simone dice di ricordare quei particolari, Marta ormai fa finta di niente, annuisce silenziosa e sorridente; Marta ha capito ma Simone non ha capito che Marta ha capito.

E così Simone ricorda ... la luce del corridoio del primo appartamento in cui ha vissuto, il lungo corridoio che conduceva dritti dritti verso un terrazzo enorme, carico di fiori, con le mattonelle tinte di blu e il dondolo giallo; ha spesso presente l'immagine del cagnolino di suo padre, Teodoro, vispo come un orso in letargo ma fedele come solo un cane sa esserlo di questi tempi; Simone ricorda persino il rumore particolare del caminetto che scoppietta tranquillo, quel rumore che assomiglia a un vecchio disco che ormai gira stanco. Della sua prima casa Simone sfoglia nella memoria tante fotografie tutte piene di luce, amore e pace fino a quel giorno in cui sua madre ha fatto le valigie e lo ha trascinato nella casa della nonna dove Simone vive ancora oggi.

Dopo qualche anno che stavano insieme, Marta aveva trovato il coraggio per fare qualche domanda a Simone sulla sua misteriosa “famiglia”, dato che lui metteva sempre bocca sugli affari suoi, sui suoi parenti, su quello che faceva sua madre, su quello che mangiava suo padre e persino su come si comportava il cagnolino del suo futuro cognato e, così, gli aveva domandato perché sua madre avesse lasciato suo padre.


- Non lo so - aveva risposto vago Simone – non gliel'ho mai chiesto … una volta mi ha detto che se n'era andata perché papà non si era comportato bene ... eh sì, non si era comportato bene, eppure lei glielo aveva detto di comportarsi bene, ma lui ... non si era comportato bene.


Punto. Ecco tutto. Ah certo, ora era chiaro, ogni cosa aveva senso! Beh, in questa storia poche cose hanno senso e sono misteriose, davvero misteriose ma, in fondo, la verità viene sempre fuori. In fondo ...

Insomma sua madre, la madre di Simone, Simone il bamboccione per intenderci, se n'era andata e lo aveva portato con sé con la forza e questo Simone non lo dice, non lo ha detto e non lo dirà mai a nessuno, se stesso compreso, ma ricorda il modo in cui suo padre li aveva guardati andare via dall'uscio di casa e, anche se Simone sa che suo padre è morto di infarto tre anni dopo rispetto a quell'episodio, per tanto tempo si è detto che la causa del suo male al cuore fosse nata in “quel momento”, in quel mezzo sorriso sanguinante che aveva rivolto a sua moglie, ormai ex moglie e al suo figlioletto mentre se ne andavano carichi di valigie: il piccolo Simone “quel giorno”, quel giorno grigio grigio con la pioggia impazzita che scrosciava arrabbiata, non era riuscito a dire niente e nemmeno a ricambiare il sorriso triste di suo padre che guardava pietrificato la sua vita andare in pezzi dall'uscio di casa. E, infatti, ancora oggi Simone si dice che, se almeno quel giorno gli avesse sorriso o gli avesse detto qualcosa, suo padre non si sarebbe ammalato al cuore e non sarebbe morto; se almeno gli avesse lasciato la sua marionetta di Pinocchio suo padre si sarebbe sentito meno solo ma ... non l'ha fatto e lo rimpiangerà per sempre o, almeno, lo rimpiange tutte le volte, (poche volte a dire il vero...), che graffia la sua corazza di ghiaccio e si guarda dentro.


  • Dai bamboccio che fai fermo lì? Entra! Oh Maria Vergine aiutami tu! 


Da piccolissimo Simone si era sempre sentito chiamare “bamboccio”, tant'è che pensava addirittura che quello fosse il suo nome e la prima volta che a scuola doveva rispondere all'appello, tardò non pochi secondi a farlo perché quel “Simone”, ormai, non gli sembrava più il suo nome a forza di sentirsi chiamare, invece, “bamboccio” (nome che poi, crescendo, diventò “bamboccione”). Tutti, insomma, lo avevano sempre chiamato in quel modo, tranne suo padre: per i suoi cuginetti, per le sue adorate zie, per sua nonna, per sua madre e poi persino per i suoi amici, lui era … “bamboccio”.

Fatto sta che quel giorno, quel giorno di tanti anni fa, Simone non ci pensava affatto di rispondere agli ordini da generale nazista di sua mamma e di entrare nella casa della nonna proprio non ne aveva voglia: quell'orrido buio, tante tante porte tutte chiuse e scatoloni, giornali, soprammobili impolverati appoggiati distrattamente da ogni parte, su ogni centimetro di ogni armadio, o mobiletto, o scaffale e l'odore estenuante di umido e i quadri inquietanti dipinti dalla zia, le sculture di Gesù e Madonne piene di ragnatele, i crocifissi in ogni millimetro delle pareti ammuffite, non creavano certo un ambiente in grado di attirare un bambino, un bambino estremamente giù di morale per altro. No: quel giorno Simone non aveva proprio voglia di obbedire; sua madre gli aveva tolto Teodoro e, soprattutto, suo padre e ora voleva togliergli persino la luce? Niente da fare: il bambino rimaneva ostinato fuori da quella casa troppo piena di cose, troppo piena di ... buio.


  • Dai Simone su: vieni dalla nonna, entra che fa freddo ... lo vuoi un dolcetto … ? 


La nonna, ah poveretta la nonna di Simone, così vecchia e così rassegnata: tre figlie e due divorzi, proprio una bella media! Pensare che lei e suo marito si erano voluti bene per cinquant'anni: come mai le sue figlie non riuscivano ad andare d'accordo con i loro mariti? A volte la vecchietta si domandava, zitta zitta, fra sé e sé e con le lacrime agli occhi, se fosse stata colpa sua perché non aveva saputo insegnare alle sue figlie la virtù della pazienza, quella della generosità e quella dell'altruismo che tanto contano in un matrimonio. La signora, la piccola signora dai lunghi capelli grigi, non disse niente quando vide arrivare il nipotino e sua figlia: preparò per loro una stanza, quella che la mamma di Simone aveva occupato da piccola e poi da ragazza e posò due piatti in più sulla tavola già apparecchiata per il pranzo.


  • Dolci prima di pranzo? Il pasto del demonio e per giunta a quest'ora?!? Mamma: sei impazzita? Ma stiamo scherzando??? Entra e basta bamboccio e poche storie! Io sono tua madre e tu devi obbedire!!! Ora mi hai davvero seccata! 


E, così, la mamma di Simone prese con forza suo figlio per il braccio, il piccolo braccio che solo pochi minuti fa suo padre aveva stretto per l'ultima volta come se fosse la cosa più preziosa dell'intero universo e lo trascinò dentro, chiuse con rabbia il portoncino di legno scuro e si risistemò il caschetto biondo con quel suo tipico movimento isterico e schizzato ma preciso come un mitra: i capelli tornarono tutti perfettamente al loro posto forse perché anche loro avevano paura di lei.

Quando giunsero nell'ingresso le sue sorelle, però, la donna sorrise loro assumendo l'espressione di una martire rediviva, mettendo in bella mostra i suoi enormi e numerosissimi dentoni da scoiattolo, mentre i cuginetti circondarono Simone e iniziarono a cantare:


  • Simone il bamboccione ha proprio un bel nasone, è basso, è grasso, è pazzo, è sveglio come un sasso !!! 


Simone cominciò a piangere e poi si mise a correre, voleva gridare, scomparire, scappare, ma non sapeva dove mentre sua madre gli urlava contro:


  • Vieni qua demonio! Ma lo vedete com'è strano questo bambino? Ha qualcosa che non va ... non capisco ... è tutto suo padre! Eh d'altronde il grande filosofo diceva che l'essere è e non può non essere e il non essere non è e non può essere! Lo spiegavo proprio oggi a quegli incapaci dei miei alunni ... 




martedì 22 novembre 2022

🌧️

                      "Quando piove" 

Quando piove 

Le persone impazziscono

Per una fila, un semaforo, un posto... 

Quando piove

Dentro batto lenta

Se cade dolce sul selciato, 

Ma batto nervosa

Se si precipita isterica sull'asfalto.

Quando piove

Si aprono e spezzano

A terra 

Cerchietti continui di odore, 

il tuo.

Quando piove

Immagino come ti stai muovendo

In quel momento 

Nella pioggia

Nella tua città

Ma questo succede

Anche quando

Non piove.

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giovedì 17 novembre 2022

😢

 Quando ho paura,

Adesso ho tanta paura,

Chi mi da la mano?


#paura #pensieri #parole 

sabato 12 novembre 2022

🎼

🎼La canzone di oggi: "The loneliest", Maneskin... Ascoltatela bene...

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