Come
un breve tragitto può diventare infinito
IN
bocca al traffico
Raggiungere
Pescara provenendo da Montesilvano è ormai un'impresa
Montesilvano-Pescara - Martedì,
ore 8.30. Piove. Cso. Umberto è intasato, sbuffa grigio a rilento.
Giovedì, ore 9.00. Non piove. La
Nazionale suda mentre cammina a passo di lumaca.
Sabato, ore 18.00...inutile dirlo:
stessa storia, tutti in strada complice il fine settimana;entrambi i
sensi sono bloccati. Non si passa. Viale Bovio è il cuore e lo
sbocco del problema. Poi via libera:già, “poi”. Intanto sembra
sempre più difficile per quei poveri sventurati provenienti da
Montesilvano o su di lì, raggiungere la famigerata Pescara, il
centro della vita economica, o della vita e basta, e tornare
indietro: impresa da guinness. Eh sì, perché chi abita (per scelta
o per “vantaggi” economici?...) lontano dalla “grande
metropoli” e ne trae il beneficio di un po' di rumore e smog in
meno nel sangue, poi però se ne pente di questa stessa scelta che lo
costringe a imprecazioni ricorrenti, la mattina, prima di arrivare,
nella maggior parte dei casi, meraviglia delle meraviglie, al
lavoro(nemmeno, per dire, a Gardaland).
Siamo in troppi? Beh, questo è
certo e le possibilità di ingorgo aumentano dato che a a cavallo di
ogni automobile svetta orgoglioso un solo passeggero(nella maggior
parte dei casi).
Ci alziamo o decidiamo di tornare
a casa tutti alla stessa ora? Sì, non c'è che dire, questo è
probabile visto che ci tranquillizza di più muoverci in massa, fa
bene alle nostre personalità intangibili e non ci sappiamo
organizzare neanche se lo facesse per noi il generale Garibaldi in
persona: la fretta dell'ultimo minuto ci elettrizza.
Certo, è così...ma è pur vero
che il passaggio per Viale Bovio è obbligato, la strada è una
soltanto e angusta e la “via d'uscita” fornita dalla Riviera è
ancora più stretta e comunque inservibile a causa dei continui
lavori che la bloccano e in ogni caso rischi di perderti in quel
valzer di girotondi e sensi unici che vanno “unicamente” a
intasarti la bile.
E allora? Se fossimo nel film
Ritorno al futuro potremmo
pensare a macchine volanti, ma questo sogno sembra ormai “passato”
o troppo “futuro”.
Chiamare i vigili non
migliorerebbe le cose: non verrebbero neanche notati da quel vomito
di auto frementi o se ne starebbero lì a peggiorare, inebetiti, la
situazione già drammatica.
I
mezzi pubblici ve li sconsiglio:l'unico e sottolineo l'unico
autobus che va da Cappelle all'Aeroporto coprendo la tratta
Montesilvano-Pescara, puzza, è un carro bestiame, strapieno ad ogni
ora, ci mette trenta minuti per fare un passo (ma di questo non ne
parla mai nessuno).
Quindi, cari concittadini,
alziamoci dieci minuti prima, speriamo che non sia il primo giorno di
temporale altrimenti la gente impazzisce più del solito, passiamo a
prendere qualche amico così avremo almeno due-tre auto in meno in
cui rischiare di imbatterci per la gran fretta di arrivare e la sera
cerchiamo di non catapultarci tutti verso casa alla stessa ora
(meglio tornarci trenta minuti dopo ma vivi che “tamponati”) e
approfittiamo di più dei luoghi deputati allo shopping quando non
sono strapieni per concentrarci su acquisti più intelligenti e
poi...Dio mio! Magari non prendiamo l'auto per percorrere anche solo
cento metri: esistono anche i piedi,(ve l'ha mai detto qualcuno?)
oppure la bicicletta, il motorino (sempre che lo sappiate
guidare:anche quello non è mica la scopa di Harry Potter libera di
commettere ogni infrazione!)e a tutti in bocca al...traffico!
Il vero
Grande Fratello?Per strada!
Usi ma soprattutto “costumi”
di passanti indecisi...o troppo decisi
Giacche a
vento e infradito, top e scarponi, occhiali da sole e cappelli di
lana, bikini e maglie a collo alto, tutti rigorosamente insieme: no,
non è il guardaroba di quegli affaccendatissimi modaioli del “Grande
fratello”, ma il modo di vestire dei miei cari concittadini.
Non ti
serve un periodo preciso dell’anno o un angolo ricercato della
città per vederti intorno questo pazzo carnevale di abiti. In ogni
momento dell’anno puoi prendere un posto qualunque, il più
camminato o quello più fuori dal mondo, ecco sì:mettiamo il
parcheggio di un supermercato semideserto della periferia. Là,
proprio in quel microbo di mondo, potrai vedere sfilarti davanti,
dietro e tutt’intorno, esseri che vivono nello stesso posto(beh,
non è che uno che abita a Bolzano va a fare la spesa a Napoli, con
tutto il rispetto per gli sconti e l’assoluta mancanza di rispetto
per chi abita nella mia città…sarebbe impossibile!) ma che
sembrano essere arrivati chi dall’Africa e chi dritto dritto dal
Polo Nord. E allora passeggia veloce veloce la signora della Pescara
bene, tutta stretta nel suo cappotto di cachemire evidentemente
firmato e, in quell’istante, la travolge la solita ragazzina in
micro-gonna e infradito. Stessa temperatura, stessa cittadinanza,
stesso posto: percezioni sensoriali totalmente(non di poco)
distanti…mah!!!
E tu ti
senti fuori da questi pazzi ingranaggi perché non rientri né nella
prima né nella seconda categoria. E porca paletta…meglio duemila
volte al quadrato così, se quello che la prima categoria ti propone
è una masnada di figli di papà attenti a fare i proletari di
sinistra, rileccati come se uscissero dalle copertine di riviste di
moda, che camminano come robot per paura che l’ultimo modello
dell’ultima collezione di ARMADI gli si scucia addosso. E sembrano
pure bellini, incerati come mozzarelle però bellini, e per un attimo
pensi: “cavolo, allora esiste la gente bella e non è solo opera
dei ritocchi di un bravo fotografo!”. Ma poi, metti che gli venga
voglia di divertirsi un po’, di fare un sorriso:gli si stacca una
ciocca di capelli(di peluche), gli si scioglie il trucco(e questo
vale per uomini e donne indifferentemente, poi da quando Costantino
ha messo il mascara…), gli si scolla un pezzo di faccia, gli si
sgonfia “qualcosa” e li senti parlare con la loro fine cadenza da
scaricatori di porto e, a quel punto, il pensiero che avevi avuto
passa.
Che dire
poi della seconda categoria, quella forse ancora più odiosa, quella
popolata dagli uomini e dalle donne che non sanno che cosa sia il
freddo? Come donna lo ammetto, provo certo più invidia per le donne,
quelle che hanno il coraggio, con un gelo che ti spacca la pelle a
zig zag, di andarsene in giro scollate, magari pure in gonna, leggere
come tranci di seta svolazzanti, che quando entrano nell’unica
stanza calda che hai faticosamente raggiunto alla fine del tuo
sofferto pellegrinaggio, sentendoti per tutto il lungo cammino
insufficientemente coperta dalla tua sciarpa più giaccone più due
maglie di lana più canottiera più due paia di calze più stivali
più pantalone, ti chiedono se possono aprire la finestra perché
sentono caldo(ancora?!) o, meglio, la aprono e basta e chi s’è
visto s’è visto. Ah, beate le…stufe!
Ma di
sicuro di invidia ce n’è pure per gli uomini, anche se definirli
così è un’iperbole dal momento che si tratta per lo più di quei
giganti finti-Mastrolindi, i quali si limitano ad una profonda
scollatura della loro maglietta rosa, rigorosamente rosa(“Rosa,
perché rosa?” “Boh, che ne so io, così va di moda,così la
portano tutti”)che mostra i pettorali plasmati,di pongo, e depilati
(“Dio mio ti depili? Ma sei un uomo…!” “Boh, che ne so io,
così va di moda, così fanno gli amici miei”) e se ci va alla
grande c’è spazio pure per una sobria catenina stile cantante rap
sfigato, di poche decine di chili.
Eh sì:
gli uomini duri e le donne sensuali non hanno mai freddo; quelli
fighi non comprano un giaccone per meno di cinquecento euro( che poi
non capiscano che lo stilista gli ha propinato una cosaccia del
valore di venti euro per il doppio del doppio del doppio proprio
perché stima molto i suoi clienti, non fa testo). E tutti gli altri
che si coprono bene bene e che non se ne vanno in giro con la fronte
firmata Moscato, sono solo dei…freddolosi.
Un autobus imprendibile
Il
38
Se ve
lo giocate al Lotto, perdete di sicuro
Montesilvano/Pescara –È da
dodici anni, per andarci stretti, che prendo l'unico autobus che
passa per casa mia, il 38, l'unico che può condurmi nella grande
metropoli, Pescara, e le spiacevoli condizioni in cui si è costretti
a viaggiare non sono mai migliorate da allora, da quando,
quattordicenni, si scherzava con le amiche , la mattina prima di
andare a scuola, sul fetore e lo stra-affollamento in cui eravamo
costrette a trovarci(a quell'ora per giunta).
Abito ancora a Montesilvano e,
ora, di anni ne ho venticinque, ma la situazione non è mai
migliorata e di articoli in proposito non ne ho letti. Allora parlo
io, dato che nessuno ha il coraggio di farlo seriamente.
Il 38 copre la tratta che va da
S. Lucia, Cappelle sul Tavo, fino all'Aeroporto di Pescara: un
percorso decisamente infinito per non rischiare di popolarsi di una
quantità esorbitante di poveri sventurati. È pure vero che in molti
lo prendono per fare poche fermate e potrebbero decisamente
evitarlo(soprattutto per la loro salute!), ma c'è da aggiungere che
il 38 passa, o dovrebbe passare, ogni dieci minuti ma, in ogni caso,
con più frequenza del 6, che passa ogni venti minuti e che dovrebbe
aiutare il 38 a coprire almeno la tratta Pescara-Santa Filomena.
Dicevo “dovrebbe aiutare” perché la gente, per non aspettare il
6, si catapulta tutta nel 38 che passa più spesso ma è sempre pieno
e, dicevo “dovrebbe passare ogni dieci minuti” perché capita che
passino due 38 uno dietro l'altro e poi, per venti minuti, più
niente.
A discolparsi su questo punto
intervengono gli autisti, motivando l'accavallamento delle corse con
il traffico e spiegando che la pausa di dieci minuti ca., una volta
giunti all'aeroporto, gli è dovuta, che ci siano venti 38 in
movimento o che siano tutti lì in pausa. Mah...! Certo, poveri
autisti del 38, c'è anche da capirli, fanno una vita tremenda: sono
costretti a fare i conti con una “clientela” stranissima (Dio
mio:perché tutti gli squilibrati sul 38?...), lentissima(fisicamente
e mentalmente), vulnerabilissima, pronta a cimentarsi in polemiche
inutili perché quello può essere, per loro, l'unico impegno della
settimana, e, di sicuro, il traffico bestiale popolato da
pigri-idioti-incapaci a guidare e pertanto tutti belli presuntuosi al
volante, non aiuta. Ma più di ogni altra cosa, gli autisti del 38
sono costretti a guidare un carro-bestiame più che un autobus, che
deve fermarsi quasi dopo ogni tre passi per le troppe (troppe!)
fermate che ci sono: è una processione e non un “viaggio”!
Per percorrere qualche
chilometro, rischi di svenire per la puzza(perché la gente non si
lava bene?), il caldo asfissiante, un attacco di claustrofobia e di
perdere un'ora invece di dieci minuti.
Ma tanto tutto continua così
da anni, nessuno si lamenta, nessuno chiede meno fermate per evitare
di fermarsi più volte perdendo tantissimo tempo, o almeno più
corse, o maggiori controlli sulla regolarità degli orari di quelle
che ci sono, oppure(perché no?)un altro autobus che copra la
lunghissima e popolatissima tratta che il 38 è costretto a
percorrere.
Certo, nessuno ha da dire
niente in proposito. Quindi, forse è solo un problema mio...
Un
mostro di nome Ferragosto
Eccoci
qua, ancora qua, un'altra volta qua. 9 del mattino, il Ferragosto in
faccia: la voglia di ammazzarlo il più presto possibile deve fare i
conti col fatto che queste maledette ventiquattro ore ci sono e non
passano.
Gli altri, fatta eccezione per qualche sfigato come me, sono tutti felici,
insieme. Mi chiedo cosa mi manca, se sono sempre sola perché non mi
accontento, mi annoio presto di tutto e tutti e per questo preferisco
annoiarmi da sola piuttosto che in una “forzata compagnia”, o se,
invece, mi entusiasmo talmente tanto per chiunque, ho talmente tanta
voglia di stare con gli altri, che non vedo i loro difetti, che li
esalto talmente tanto che poi è tardi per tornare indietro quando
scopro la verità. Forse hanno ragione “gli altri” a non
entusiasmarsi mai così non vanno mai “su”, ma non vanno neanche
troppo “giù” per il dispiacere di non riuscire a provare quel
bel “su”.
Però
vantaggi ce ne sono nello stare soli in casa in un giorno come
questo: ti puoi abbrutire finché vuoi, non devi pensare a come
stanno le unghie, i capelli, i peli superflui e puoi mangiare un
esercito di fritti e fiumi di cioccolata, tanto se anche ti nascesse
in faccia un'intera orda barbarica di brufoli, nessuno ti vedrebbe.
Ma poi si sa che quando stai in casa e non deve vederti nessuno, i
capelli sono talmente favolosi che ti ci faresti bronzare lì, al
momento, e la pelle splende senza imperfezioni neanche se l'avesse
lucidata Michelangelo Buonarroti in persona.
È
tremendo questo silenzio, oggi lo odio particolarmente e odio le
facce allegre in giro per la città, le mani innamorate che si
congiungono, le passeggiate divertite, tutti i vari urletti di gioia
o le chiacchiere spensierate e stupide delle persone che se ne stanno
vicine, insieme, in gruppo, lentamente. Quindi meglio tapparsi dentro
casa, meglio non vedere: “lontano dagli occhi lontano dal cuore”...
Ah perché
non tornano le “primavere bambine”, quando tutto era
semplicissimo e divertente, anche i ferragosti passati su
affollatissime e nevrotiche spiagge libere?
Mi sento
ancora più sola in questi giorni in cui la città, la mia odiata
città, è ancora più inerme del solito, vuota, triste e silenziosa,
ancora meno attiva del solito. Certo non è facile essere più attivi
di me che sono in piedi dalle 7, ho visto le prime notizie, ho
riordinato tutti gli armadi e i cassetti, ho rifatto il letto, ho
rivisto la tesi e i romanzi, ho fatto colazione e ora sono qui che
scrivo queste quattro demenze. Ed è ancora prestissimo. Fare fare
per non pensare. Ma io penso lo stesso e non lo so proprio come la
ingoierò questa infinita giornata che è appena cominciata e che ho
aspettato con angoscia da giorni sperando che il calendario se la
dimenticasse. Ma qui ci si dimentica di tante cose però del “non
far niente” non ci se ne dimentica mai. È un chiodo fisso. E
quindi 'sto giornaccio, forse ancora più triste del Capodanno, se ne
sta qui che mi fa le linguacce e mi sputa addosso tutta la gioia
degli altri o anche la loro non-gioia che sicuramente è vissuta
meglio di come la vivo io perché loro se ne fregano, ed è sempre
questo nella vita il segreto per prendersi tutto: fregarsene e non
cercare niente per trovare tutto. Carpe diem signori bagnanti
bagnati!
Odio, odio
tutto, odio le feste in particolare perché con la loro calma
festaiola mi fanno ripiegare ancora di più sulla mia solitudine.
L'ho
sempre sentito di non essere all'altezza della situazione: i
commenti, gli sguardi pettegoli della mia città che sa solo
criticare e giudicare, mi hanno cresciuto con queste paure. Ah
dannata paura!!! Dovrei cambiare e...carpe diem!
È da un
lunghissimo periodo che odio tutto e tutti: odio i miei vicini, gli
autobus, ogni angoletto della mia città che ovviamente mi ricorda
qualcosa di brutto perché è stato da subito brutto o perché prima
era bello ma poi è diventato brutto(quindi tanto meglio che fosse
stato brutto da subito). Se i miei pensieri, mentre me ne vado in
giro per la strada, si potessero leggere, verrei ricoverata in
manicomio. Sono diventata una vecchia brontolona e insoddisfatta di
tutto e tra poco inizierò a vivere su una panchina, vicino alla
barbona più famosa di Piazza Salotto, prendendomela di continuo con
i piccioni. Odio le persone, tutte le persone e odio il fatto che
odio tutto perché potrei avere tanti problemi più gravi e mi
lamento dei miei. Ma questi sono i miei problemi e mi tocca
conviverci e per me sono tali e lo so che potrebbe andare peggio
ma...meglio no? Certo di odiare tutto ormai non posso farne a meno.
Se abitassi nell'allegro villaggio sperduto dei puffi, sarei “Puffo
brontolone”(che odia il Ferragosto, anche il Ferragosto).