La fiaba







A che cosa servono le fiabe? Se dovessero servire a ispirare buoni sentimenti […] morirebbero a ogni generazione, ogni volta che la gente si fa un'idea diversa di quelli che sono i “buoni sentimenti”. Secondo noi le fiabe servono soprattutto alla formazione della mente: di una mente aperta in tutte le direzioni del possibile...(G.Rodari)

Intere generazioni sono state accompagnate, nella loro infanzia, dallo straordinario patrimonio di storie favolose che possediamo e, ancora oggi, questo “mondo incantato” c'è, viene tramandato e si arricchisce pure se, attualmente, l'immaginario dei destinatari privilegiati delle fiabe, ovvero i bambini, è popolato per lo più da mostri e alieni... Ma questo non conta perché le fiabe viaggiano nello spazio, nel tempo e, continuamente, i narratori diventano ascoltatori e viceversa. E, soprattutto, la lettura delle fiabe non può essere riservata solamente ai piccoli perché la fiaba, se letta con più attenzione, può risultare interessante anche per i grandi.


Allora... che cos'è la fiaba?

La fiaba è un racconto magico, meraviglioso e, a sua volta, il RACCONTO è una narrazione e alle sue origini c'è il MITO, parola che viene dal greco e significa “parola” e, in particolare, la“parola solenne e sacra di un dio”. E, infatti, appartengono al MITO tutti quei racconti terribili e meravigliosi che parlano delle origini dell'universo, degli uomini e degli dei e hanno per protagonisti degli esseri “soprannaturali”. Questo significa che si stabilisce una specie di “patto” per cui sia chi legge che chi ascolta sa che il soprannaturale è l'essenza stessa dell'universo fiabesco in cui fate e folletti possono benissimo incontrarsi con personaggi e situazioni reali.



Però, tornando alla fiaba, viene da domandarsi:

quando e dove si svolge?

La fiaba si ambienta in luoghi e tempi indeterminati e vaghi: le indicazioni temporali sono sempre generiche; i luoghi sono fissi e ricorrenti e sono popolati di sicuro da re, orchi, fate o draghi, dove le metamorfosi, i miracoli e gli incantesimi si ripetono in continuazione e dove si trovano in grande quantità bacchette magiche, talismani, geni, animali strani e parlanti, madrine che esaudiscono i desideri delle fanciulle buone e perseguitate e, soprattutto, in ogni fiaba che si rispetti, il bene trionfa sempre sul male, o quasi sempre... E, se la casa paterna è il luogo da cui ci si allontana, boschi, montagne, fiumi e torri sono lo sfondo del momento della prova da superare, mentre poi il palazzo del re è il posto in cui tutto si risolve nel lieto fine. La fiaba, insomma, esprime ed esaudisce nell'immaginazione i desideri di un mondo povero, popolare: saziare la fame o diventare ricchi grazie ad una bacchetta magica, veder svolgere il proprio lavoro da animali servizievoli...






Le fiabe sono dunque narrazioni anonime, tramandate oralmente da narratori popolari: abbiamo un enorme patrimonio di storie favolose che ha accompagnato miliardi e miliardi di bambini e che vive ancora oggi.

Certo la fiaba non si caratterizza solamente per il suo contenuto; essa ha degli scopi, ovvero quello di intrattenere e di insegnare e tutto questo può essere fatto soltanto dalla VOCE NARRANTE, da qualcuno, cioè, che prenda la parola e incominci a raccontare con la conosciutissima espressione “C'era una volta...”, per rivolgersi ad un pubblico affascinato e trepidante.

Inoltre le fiabe hanno una STORIA tutta loro: sono state infatti tramandate e diffuse per tradizione orale, viaggiando nel tempo e nello spazio, tra secoli e continenti, in ogni strato sociale e la loro narrazione si riproduce di continuo e, così, spesso, gli ascoltatori si trasformano in narratori e poi ancora il contrario...

Quindi chi sono i narratori delle fiabe?

Beh, possono essere balie, contadine, artigiani di cui si può ricostruire l'aspetto, la classe sociale grazie al lavoro degli studiosi di TRADIZIONI POPOLARI che, alla fine dell'Ottocento, hanno raccolto le fiabe antiche dalla loro viva voce e le hanno trascritte senza cambiarle. Inoltre c'è stato uno scrittore molto importante, Italo Calvino, che ha riunito e pubblicato le fiabe di ogni regione d'Italia.







Nelle fiabe ci sono sì oggetti magici, palazzi fatati e ogni particolare è fatto apposta per incantare i bambini e farli entrare in un mondo che non ha niente di reale, però le fiabe contengono anche una loro “verità”, perché ci fanno conoscere la realtà e ci “spiegano la vita”, come direbbe Italo Calvino.

Le fiabe, infatti, presentano, sebbene in modo favoloso, tutti i destini che l'uomo può avere: la nascita fortunata o meno, la ricchezza o la povertà, le brutte avventure, la presenza di strane forze crudeli che devono essere, a fatica, scacciate da soli o grazie all'aiuto di qualcun' altro, l'amore e la scoperta che la virtù e la bellezza possono nascondersi anche in persone povere o brutte, l'allontanamento da casa e tutte le prove da superare per crescere .
In effetti presso i popoli primitivi il passaggio dall'adolescenza alla giovinezza, segna un momento molto importante, ovvero quello dell'ingresso nel mondo degli adulti e il giovane, per essere accettato, deve dimostrare di avere le qualità fisiche e le abilità necessarie insieme al coraggio, se è un uomo, o deve avere grazia, prudenza, saggezza e parsimonia se è una donna.
Il giovane si deve pertanto allontanare da casa, come succede agli eroi delle fiabe, per andare nella foresta, il posto dove avvengono gli incantesimi e dove si nascondono tantissimi pericoli e, proprio qui, impara la caccia così come il modo in cui deve comportarsi nella società e le verità religiose: alla fine di questo lungo percorso può tornare a casa da “adulto”.















Il fatto che quindi la fiaba nasconda una sua “verità”, spiega perché, sebbene luoghi, personaggi e situazioni siano sempre diversi, la fiaba segua uno schema sempre uguale che si ripete nei vari componimenti.
Ogni fiaba mescola, ogni volta in un modo diverso,funzioni e motivi fissi.

Che cosa sono le funzioni? E i motivi?

Le funzioni sono le azioni compiute dai personaggi, per esempio: l'allontanamento da casa, un tranello, la ricerca di un oggetto...Uno studioso russo delle fiabe, Vladimir Propp, ha individuato ben trentuno funzioni che si ripetono sempre seguendo lo stesso ordine, anche se non sono presenti tutte insieme nella stessa fiaba.

I motivi sono invece dei temi che si ritrovano spesso nel mondo delle fiabe e che, unendosi fra loro in vario modo, fanno nascere tantissime trame. Ne sono un esempio l'animale parlante o la figura della matrigna cattiva, la casetta nel bosco, gli stivali magici,la presenza di tre sorelle e tre fratelli di cui uno è buono e gli altri sono cattivi, la trasformazione di un essere umano in animale …
In tutte le narrazioni fiabesche abbiamo quindi uno schema-base delle azioni:
-situazione iniziale;
-l'eroe si allontana da casa per fare un viaggio, per svolgere un compito, per cercare fortuna;
-una serie di avventure;
-l'eroe incontra un antagonista che gli si oppone anche grazie all'uso della magia, della violenza, degli inganni;
-l'eroe cade nel tranello;
-l'eroe deve superare una prova, deve ad esempio salvare una principessa o conquistare qualcosa;
-per superare la prova ha bisogno di un oggetto magico che gli viene dato dal suo aiutante, ovvero un animale buono, una fata, una vecchia...;
-l'eroe ritorna a casa superato l'ostacolo;
-l'antagonista è punito;
-alla fine si hanno le nozze regali dell'eroe.

Dunque nella fiaba le azioni predominano sui personaggi che sono descritti in modo molto schematico e risultano importanti solamente per quello che fanno, per il loro ruolo. Sempre secondo lo studioso russo Vladimir Propp, i ruoli dei personaggi si ripeterebbero nel numero di sette:
  1. l'antagonista che ostacola l'eroe;
  2. il donatore, che dona all'eroe l'oggetto magico e gli fa superare le prove;
  3. l'aiutante, o gli aiutanti, ovvero il personaggio o i personaggi che aiutano l'eroe;
  4. la principessa e suo padre;
  5. il mandante, cioè il personaggio che affida all'eroe un incarico pericoloso;
  6. l'eroe;
  7. il falso eroe, un personaggio che fa finta di essere l'eroe ma non lo è affatto.
Certo è che un solo personaggio può svolgere più azioni o, anche, lo stesso ruolo può essere svolto da più personaggi.

Ecco allora come la fiaba presenti lo stesso schema dei grandi romanzi: “un obiettivo da raggiungere malgrado gli ostacoli frapposti dagli oppositori e con il soccorso di personaggi aiutanti”. Come diceva Italo Calvino, la fiaba non è semplice né ingenua ma è come una noce magica al cui interno lo scrittore può trovare “l'intero universo della narrativa”.
Così tanti scrittori, riprendendo delle fiabe dal patrimonio orale e popolare, hanno dato loro forma letteraria, variandole e arricchendole, come nel caso dei fratelli Grimm, di Charles Perrault, di Hans Christian Andersen che hanno fatto diventare famosissime le storie di Biancaneve, Cappuccetto Rosso, Cenerentola, la Sirenetta e molte altre ancora.














In quanto testo letterario, la fiaba può essere scomposta in sequenze, in microsequenze ed in macrosequenze.

Che cos'è una sequenza?

La sequenza è una serie ordinata di cose e fatti che si susseguono; è una porzione di testo che ha una sua autonomia sintattica e di contenuto, che sviluppa cioè un discorso compiuto ed è legata da rapporti di tempo e da rapporti logici alle sequenze che la precedono e la seguono; ha un inizio e una fine e si può definire con un titolo.
Le sequenze, in base al loro contenuto, di dividono in:
  • sequenze narrative, che presentano avvenimenti, azioni, determinando lo sviluppo delle azioni;
  • sequenze descrittive, che contengono la descrizione dei personaggi, dei luoghi, degli ambienti;
  • sequenze riflessive, ovvero le considerazioni, le opinioni dei personaggi o dell'autore sulla vicenda;
  • sequenze dialogiche, che contengono i dialoghi dei personaggi.
Le sequenze narrative sono dinamiche, sviluppando il racconto; quelle descrittive, riflessive e dialogiche sono statiche, rappresentando una pausa. In base al ritmo che l'autore vuole dare al racconto, egli sceglierà quale tipo di sequenza usare di più e quale di meno.

Che cos'è una microsequenza?

La microsequenza si trova all'interno di ogni sequenza, è la singola azione che compone la sequenza: rappresenta le frasi in cui questa si articola.

Che cos'è la macrosequenza?

La macrosequenza è invece una porzione di testo abbastanza grande con un suo inizio ed una fine ed è formata da più sequenze che hanno lo stesso tema e che sono legate fra loro da rapporti logici o temporali; il passaggio da una macrosequenza all'altra è segnalato da un cambiamento d'azione, di luogo, di tempo, di personaggi.

La divisione in sequenze è utile per l'analisi dei testi narrativi, espositivi, argomentativi, è una specie di radiografia del testo: smontandolo, si evidenziano quelle che sono le sue strutture fondamentali e, in questo modo, è più facile capire quali sono i nuclei del discorso e quali sono le parti meno rilevanti e tutto questo serve per scrivere il riassunto.






Qual è allora la conclusione più classica delle fiabe?

Alla fine il bene trionfa sul male, si ha una morale che il più delle volte è ben evidente nella conclusione stessa.

Abbiamo parlato di formule fisse per l'inizio e, ovviamente, ce ne sono anche per la fine e queste variano da Paese a Paese:

-”E vissero felici e contenti”;
-”Larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che ho detto la mia”;
-”E la storia finisce così”;
-”Chi non lo crede paghi un tallero”(Fratelli Grimm).
Tutte queste conclusioni hanno però un unico scopo, quello di evidenziare l'uscita dal mondo delle fiabe ed il ritorno alla realtà.

IL MITO

MITO, parola che viene dal greco, significa “parola” e, in particolare, la“parola solenne e sacra di un dio”. E, infatti, appartengono al MITO tutti quei racconti terribili e meravigliosi che parlano delle origini dell'universo, degli uomini e degli dei e hanno per protagonisti degli esseri “soprannaturali”.
Da sempre gli uomini hanno infatti sentito il bisogno di interrogarsi sul modo in cui era nato l'universo, l'uomo, si chiedevano le cause dei fenomeni naturali e, non potendo rispondersi con la filosofia o la scienza, si affidavano alla fantasia e, così facendo, arrivavano a personificare e divinizzare le forze benigne e maligne da cui si sentivano circondati, dando vita ad un enorme patrimonio di storie, per loro vere e sacre, che sono arrivate fino a noi grazie alla letteratura, all'arte.

Il mito non è quindi un racconto del tutto favoloso, ma ha una sua verità perché rappresenta il modo di conoscere la realtà proprio delle società primitive. La mitologia greca è quella che conosciamo di più, ma tutti i popoli antichi hanno elaborato e tramandato numerosissimi miti che hanno significativi punti di contatto fra loro. Delle somiglianze, infatti, si possono ritrovare tra il racconto greco delle origini dell'universo e un poema babilonese e anche il tema del diluvio universale ricorre nella mitologia greca, nella Bibbia e nel Poema di Gilgamesh, un testo babilonese.

Alcuni studiosi pensano perciò che tutti i miti delle antiche culture occidentali provengano da un unico patrimonio mitologico indoeuropeo, mentre altri credono che le somiglianze siano dovute al fatto che ci sono temi e strutture fissi nella mentalità di tutti i popoli.

Il mito non coincide con un testo o un genere letterario preciso, ma costituisce un insieme di contenuti, una trama tracciata a grandi linee con personaggi ed eventi che si ripetono e si tramandano di generazione in generazione prima oralmente e poi grazie alla scrittura o, meglio, ad un poeta che organizza e sistema le diverse storie in una narrazione ordinata. Così si crea un repertorio di temi che i singoli autori utilizzano, variandoli, in componimenti letterari di vario genere e che rappresentano il soggetto delle rappresentazioni artistiche dell'antichità. Ecco dunque che Esiodo, poeta greco vissuto nel VII secolo a.C., nella Teogonia selezionò e organizzò un vasto materiale, narrando il passaggio dal Caos al Cosmo, la nascita degli dei e degli uomini. Quindi nella mitologia greca, che costituisce il fondamento della cultura occidentale, dopo la sistemazione di Esiodo, distinguiamo tre filoni fondamentali:
  • Miti cosmogonici, che parlano dell'origine dell'universo;
  • Miti d'origine, sull'origine e il destino dell'uomo;
  • Miti degli eroi, che narrano le vicende di personaggi straordinari.

Fino alla fine del mondo antico, il patrimonio mitologico greco rappresentò il fondamento della religione e della storia che poteva essere ricostruita proprio grazie ai miti. Anche oggi i miti, con le loro vicende sovrumane, continuano ad avere il loro fascino.
È inoltre possibile fare un confronto fra il mito e la fiaba.

Sia la fiaba che il mito, sono espressione di società primitive che vedono la realtà in modo fantastico e sono stati prima trasmessi oralmente e poi sono stati affidati alla scrittura.
Ma il mito ha per protagonisti dei ed eroi delle società arcaiche e la fiaba narra di personaggi semplici e quotidiani che occasionalmente entrano in un mondo magico e soprannaturale abitato da fate, folletti, streghe e maghi.
Il mito è espressione di una società aristocratica, mentre la fiaba dà voce al mondo popolare.
Se poi la fiaba si basa sull'invenzione e questo lo sa sia chi ascolta che chi legge o narra la fiaba, nel mito quello che si racconta viene dato per vero.
La fiaba vuole insomma divertire, dilettare, trasmettendo esperienze ed insegnamenti morali; lo scopo del mito è invece quello di spiegare le origini sacre del mondo e dell'uomo.
Infine, il linguaggio della fiaba è semplice, popolare e quello del mito è solenne e ricco di “formule”.



LA NOVELLA, IL RACCONTO E LA FIABA

La novella è una breve narrazione in prosa che si incentra su una vicenda semplice, con un inizio ed una fine, colta però nei suoi momenti più importanti.
La novella ha per protagonisti personaggi quotidiani, comuni, con i quali i lettori possono facilmente identificarsi.
E se prima si chiamavano “novelle” le narrazioni realistiche ricche di beffe e battute mentre i “racconti” erano quelle narrazioni più meditative, che davano poco spazio all'azione, attualmente questa suddivisione non è più ritenuta valida.

La novella differisce dalla fiaba perché è realistica e in essa non si ha la presenza della magia.
Inoltre, mentre le fiabe sono ambientate in un tempo indeterminato, l'azione della novella è collocata in un contesto storico-sociale delineato con precisione.
Anche i luoghi, che nella fiaba vengono indicati in modo generico(ad esempio si parla del bosco, del castello...), sono descritti nella novella in modo preciso e concreto: si crea così una perfetta corrispondenza fra il personaggio e il contesto in cui si muove.
Mentre i personaggi della fiaba sono tipi generici, descritti in modo molto schematico e sintetico, che risultano importanti solamente per il ruolo che svolgono, i personaggi delle novelle sono complessi e problematici e non rappresentano il bene o il male ma presentano luci e ombre, vizi e virtù, aspetti positivi e aspetti negativi proprio come degli uomini veri.
Laddove poi nelle fiabe il lieto fine costituisce la regola, la novella presenta spesso una conclusione realistica e, così, la maggior parte delle volte questa conclusione è amara, malinconica.

Sia il romanzo che il racconto parlano della realtà quotidiana e affrontano il mondo in modo problematico. Ma il romanzo è una forma narrativa lunga e complessa, mentre la novella è breve. Per questo motivo nel romanzo la vicenda viene descritta e seguita in modo molto preciso, ci sono tanti rapporti sociali e psicologici, vengono analizzati lo sfondo storico, la società e l'ambiente; al contrario, la novella è rapida, descrive il protagonista in alcuni momenti della sua vicenda o quando è in difficoltà.
Certo il confine tra novella e romanzo non è sempre chiaro: esistono infatti racconti lunghissimi e complessi e romanzi brevi.

La novella è un genere letterario molto diffuso ma è impossibile rintracciarne le lontane origini; secondo una teoria orientalista sarebbe nata in India e da qui, dal XII secolo, sarebbe arrivata nell'Occidente grazie a scambi culturali, politici, religiosi e commerciali fra Oriente e Occidente; altri ritengono invece che derivi dall'epica, i cui nuclei descrittivi e fantastici avrebbero dato vita ai due filoni della novellistica: la tradizione realistica e quella favolosa e avventurosa.
Nel mondo greco-latino la novella come genere a sé non esiste; l'elemento novellistico compare nelle digressioni delle opere storiografiche. Nel Medioevo si afferma, prima con i fabliaux, novelle in versi a carattere satirico e popolaresco fiorite in Francia alla fine del XII secolo, e poi con l'esempio, racconto a carattere didascalico che deve guidare il lettore verso verità religiose e morali.
La novella, che appare nella letteratura italiana nel XIII secolo, raggiunge la forma migliore con il Decameron del Boccaccio caratterizzandosi per la novità, le sorprese, l'irripetibilità. La novella qui non ha scopi morali, ma vuole divertire e distrarre il lettore.

Spesso le novelle sono racchiuse in una cornice che le organizza intorno a un filo conduttore.
Dopo un periodo di decadenza durante il Seicento e il Settecento, la novella raggiunse il periodo di maggiore diffusione dalla seconda metà dell'Ottocento, quando divenne una narrazione meditativa e descrittiva che analizzava la realtà da un punto di vista sociale e psicologico. Man mano poi che si procede verso il Novecento, aumenta lo spazio che viene dato al mondo interiore dei personaggi, si prende un punto di vista interno e si usano tecniche espressive per riprodurre i pensieri e le sensazioni del personaggio. Si continuano però a scrivere novelle e racconti d'azione che rappresentano un ambiente o un carattere.
Ci sono:
-le novelle d'azione, nelle quali i fatti prevalgono sui personaggi;
-le novelle d'ambiente e di carattere, nelle quali la vicenda ha la funzione di far emergere la fisionomia di un personaggio che riflette un particolare ambiente storico-sociale;
-le novelle di analisi nelle quali, tolta quasi del tutto l'azione, l'attenzione si rivolge a ciò che accade nell'animo del personaggio.
Un genere particolare è dato dal racconto fantastico.

I testi narrativi sono tutti diversi fra loro per gli argomenti che trattano e per il modo in cui li narrano. Però ogni testo narrativo, di qualunque genere sia, presenta una struttura ricorrente:
-esposizione, presentazione dei personaggi e della situazione iniziale;
-esordio, ossia l'avvenimento che mette in moto l'azione modificando la situazione iniziale;
-peripezie o mutamenti, l'insieme degli avvenimenti che modificano di volta in volta la situazione del protagonista e, nel loro corso, entrano in gioco gli aiutanti e gli oppositori, ovvero coloro che, rispettivamente, aiutano od ostacolano il protagonista;
-scioglimento, il momento conclusivo.














L'ANALISI FUNZIONALE DELLA FIABA

Nel 1928, Vladimir Propp, studiò la forma di un certo numero di fiabe di magia russe e scoprì che dietro la molteplicità dei racconti, c'era un unico schema fatto di 31 unità fondamentali, le funzioni, disposte sempre nello stesso modo.

  1. Il re dà ad un suo prode un'aquila. L'aquila lo porta in un altro regno.
  2. Il nonno dà a Sucenko un cavallo. Il cavallo lo porta in un altro regno.
  3. Lo stregone dà a Ivan una barchetta. La barchetta lo porta in un altro regno.
  4. La figlia del re dà a Ivan un anello. I giovani evocati dall'anello lo portano in un altro regno.

Leggendo gli intrecci di tutte queste fiabe, si può vedere come, sebbene cambino i nomi e gli attributi dei personaggi, le loro azioni, cioè le funzioni, restano le stesse, come il dono dell'oggetto magico e la partenza, ad esempio.
I personaggi della fiaba compiono spesso la stessa azione: per l'analisi della fiaba è importante che cosa fanno i personaggi e non chi e come fa.
Per funzione Propp intende “l'operato di un personaggio determinato dal punto di vista del suo significato per lo svolgimento della vicenda”. La funzione sarà così chiamata divieto, interrogazione, aiuto, fuga, eccetera e si collocherà in un momento ben preciso della narrazione.
Ogni funzione si realizza in modi e forme diversi nei racconti: ad esempio, la lotta fra l'eroe e l'antagonista può avvenire in un combattimento, in un duello d'astuzia, in una prova di abilità... Inoltre possono cambiare i personaggi, ma si tratta sempre di una stessa funzione. Il carattere dei personaggi può mutare: l'eroe può essere povero(contadino, mendicante...), ricco(il figlio del re, un principe...), l'antagonista può essere un uomo o un animale o, anche, un essere inanimato e lo stesso vale per l'aiutante.
Le funzioni sono 31: moltissime si possono considerare in coppia(divieto-infrazione, investigazione-delazione, lotta-vittoria, persecuzione-salvataggio...); altre possono invece essere considerate in un unico gruppo, ad esempio quelle del danneggiamento, dell'invio, della decisione di reagire e della partenza costituiscono l'esordio.
Spesso la situazione iniziale è caratterizzata dal benessere, dopo il quale arrivano la sciagura e il divieto che, quando viene infranto, ha per conseguenza l'arrivo dell'antagonista, cioè l'elemento perturbatore: il diavolo, i banditi, la strega, la matrigna...
L'inganno è poi una funzione fondamentale e tante volte è preceduto dalla trasformazione dell'antagonista: il drago diventa un bellissimo giovane, la strega una buona vecchietta...
La connivenza assume la forma di un invito insidioso accolto dall'eroe e il danneggiamento si può presentare come rapimento, furto dell'oggetto magico, scomparsa, fattura, delitto...
Con la IX funzione è introdotto l'eroe (il re emette un bando con richiesta d'aiuto, l'eroe è inviato, eccetera); con la partenza dell'eroe arriva il donatore, da cui l'eroe riceve l'oggetto magico per rimediare alle sue disavventure ma, prima, deve superare una serie di prove come, ad esempio, compiti, prestazioni, risposte...
Di solito l'oggetto delle ricerche si trova in uno spazio diverso, in un “altro reame” e, perciò, c'è bisogno di effettuare un viaggio, un volo con i mezzi più diversi.
Il marchio si può trovare sul corpo o può essere costituito da un anello o da un altro oggetto di riconoscimento.
Con la fine della sciagura, il racconto arriva al momento più importante, a cui seguono il ritorno, l'inseguimento dell'eroe e il tentato danneggiamento da cui si salva con la fuga o in altri modi.
Una volta arrivato a casa, tuttavia, l'eroe deve incorrere in nuove difficoltà perché il falso eroe avanza delle pretese (i fratelli pretendono la preda, si spacciano per vincitori...).
Allora il compito difficile può consistere nella prova del fuoco, in prove di destrezza, coraggio o pazienza, nella risoluzione di indovinelli.
L'identificazione avviene attraverso segni particolari, come un marchio, una ferita, oppure un oggetto, l'anello o, anche, per aver risolto il compito difficile.
La punizione può risolversi nel perdono e la favola termina con le nozze dell'eroe che ottiene il regno o una ricompensa.

Lo schema generale della fiaba di magia è dunque immodificabile: i vari racconti possono avere una sola alternativa fra il tema della lotta e quello dei compiti difficili.

I Personaggi sono raggruppati in 7 sfere d'azione e i loro sono ruoli adeguati a un certo corpus narrativo, le favole di magia, ma difficilmente trasferibili ad altri generi letterari.
Le scomposizioni funzionali non devono però far credere che, così, le opere vengano noiosamente rese tutte uguali perché il narratore muove come vuole le funzioni e i ruoli, i motivi e le trame, arrivando a creare intrecci particolari e personali e personaggi con caratterizzazioni diversissime.