I tre
giorni infuocati
Le
notizie impazzano a poche ore dall'elezione del Presidente della
Repubblica
“(…)
Se io devo dire qualcosa di importante, la vado a dire alla gente,
non ai giornali…se parli con la stampa, sei sicuro di perderci”.
Con
queste parole, il leader diessino Massimo D’Alema si pronunciava
drasticamente e pericolosamente , in un’intervista del 1995 a Lucia
Annunziata su “Prima Comunicazione”, in merito a uno dei problemi
più scottanti e attuali della nostra società: il rapporto
politica/stampa.
E,
certo, nonostante le forti affermazioni di D’Alema, è impossibile
non notare che le prime pagine dei quotidiani si riempiono
vorticosamente dei fatti politici del giorno e ne fanno il punto e
incalzano polemiche e sono lo spazio privilegiato dell’uno o
dell’altro esponente politico e alcuni “tirano le pagine” più
a sinistra e altri quotidiani più a destra e altri ancora vacillano
nel mezzo.
È
dunque innegabile che un avvenimento di estremo riguardo come quello
dell’elezione del presidente della Repubblica, veda le pagine dei
giornali impegnarsi in una lotta estenuante alla caccia dell’ultima
notizia. Ai lettori l’arduo compito di capire in quale angolo
ripararsi in quel mare di carta e di parole. Così, gli ultimi tre
giorni precedenti all’elezione del nostro presidente sono
raccontate minuziosamente(scrupolosamente?) dai diversi quotidiani ed
è interessantissimo vedere che i titoli e le frasi che parlano di
quello stesso fatto, cambino a seconda che il quotidiano appartenga a
questa o a quella tendenza politica.
Lunedì
8 Maggio 2006. A Roma, il Parlamento è convocato in seduta
comune per l’elezione del presidente della Repubblica. Si aprono le
danze. Il Corriere della sera intitola la prima pagina:
“Quirinale,
l’Unione candida Napolitano”.
È
questo un titolo prudente come, del resto, prudente è lo stesso
quotidiano che, nato a Milano ed essendo il più diffuso in Italia,
originatosi come giornale della borghesia lombardo-veneta, raccoglie
lettori appartenenti al centrosinistra. E, allora, i primi passi (di
danza) che il quotidiano fotografa, sono quelli incerti di Massimo
D’Alema: prima avanti, poi indietro. Il diessino indietreggia,
infatti e si preannuncia decisiva la presa di posizione in merito di
Forza Italia, le cui prime reazioni non sono certo incoraggianti e
Silvio Berlusconi non ha ancora dato il “via libera”. Il
comunicato dell’Unione parla del vertice a Palazzo Chigi con Gianni
Letta, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, che aveva fatto
quattro nomi tra i quali non c’era quello di D’Alema. Poi le voci
sul passo indietro di D’Alema e, alle dieci di sera, spunta la
candidatura di Napolitano che, sostiene l’Unione, avrebbe la
disponibilità del centrodestra a convogliare i voti su una
personalità di forte profilo istituzionale. Non è ancora chiaro se
D’Alema è definitivamente “fuori gioco” o se un no di
Berlusconi a Napolitano potrebbe rimetterlo “in campo”. Vengono
riportate le parole di Bossi decisamente più favorevole a D’Alema
che a Napoletano; tra i dalemiani resta la speranza. Livia Turco:
“Massimo ha tutte le carte in regola per salire al Colle”.
Il
Corriere non può non parlare delle diverse posizioni
appartenenti ai vari schieramenti e, dunque, di come la sfiducia a
D’Alema da parte del fronte cattolico( Avvenire e
L’Osservatore Romano), abbiano pesato, mentre Furio Colombo,
di Giorgio Napolitano dice:
“È
una delle persone più ben accette all’opinione pubblica italiana”.
Il
quotidiano ci tiene allora a raccontare i vari vertici con Prodi e i
leader di Margherita e Ds che si succedono e Giorgio Napolitano viene
cautamente presentato come un diessino e come l’ultimo senatore a
vita nominato da Ciampi; si insiste sulla sua classe: 1925. Si spiega
inoltre, in un lungo articolo,chi è Napolitano : si parla delle sue
origini napoletane, della sua laurea in giurisprudenza “nella scia
del padre, un avvocato liberale lettore fedelissimo e severo del
Corriere” della sua partecipazione giovanile ad un gruppo
antifascista e comunista, della sua iscrizione al Pci e dell’impegno
nel 1945-46 nella costituzione del Movimento studentesco
all’Università di Napoli, del suo attivismo politico. Il
Corriere ci presenta, insomma, sufficientemente soddisfatto, un
uomo sobrio, asciutto, anche autore di saggi politici, di poesie e
persino attore in giovinezza. E non tralascia di aggiungere le
onorificenze di cui si vantano i “comunisti di una volta”, di
Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica;
Grand Cruz de la Orden de Isabel La Catolica(Spagna) e persino di
Grand Cordon of the Order of the Rising Sun, cioè del Sol Levante
giapponese.
E Il
Corriere sa sempre guardare lontano, avvertendo i suoi lettori
che in sessant’anni soltanto tre presidenti sono stati eletti al
primo voto.
Stesso
giorno, stessa notizia, un altro quotidiano, Il Tempo,ha
sicuramente un modo diverso di raccontarla perché incarna ideali
diversi, quelli di una destra moderata.
La sua
prima pagina è intitolata: “Comincia Napolitano. Quirinale,
l’Unione lancia il suo candidato. E non è D’Alema. Centrodestra
al bivio”. Sempre in prima pagina ad interessare il quotidiano
ci sono l’ affermazione di Silvio Berlusconi, “Senza accordo è
sciopero fiscale”, e quella di Alemanno, “Al Colle voterò
solo un cattolico”: per Il Tempo è il centrodestra a
tenere in mano le redini della situazione. La seconda pagina è per
il trio Berlusconi-Bossi- Moratti che canta, a Milano, in occasione
della manifestazione a sostegno della corsa di Letizia Moratti alla
poltrona di sindaco di Milano.
Più
stringato di quello del Corriere è l’articolo che Il
Tempo dedica alla presentazione di Giorgio Naplitano, “il primo
comunista ad essere ricevuto dagli Usa”, brevi cenni alla sua
passione per il teatro. Si parla invece in grassetto del suo passato
nei Guf e del suo curriculum istituzionale anche di livello
internazionale, mentre D’Alema appare decisamente seccato in una
grande foto che occupa la terza pagina. Il quotidiano è attento a
raccontare il timore, nutrito dai leader di Udc e An, che Berlusconi
abbia un accordo con D’Alema che, a quanto afferma Il Tempo,
“si prepara a fare il vicepremier”: “Pronto per lui
il ministero degli Esteri. E da lì potrà diventare il vero leader
della coalizione”.
Il
9 Maggio la corsa all’elezione continua e la Repubblica
intitola:
“Il
Polo si spacca su Napolitano”.
Ecco
dunque che questo quotidiano si presenta subito molto interessato
alla questione e non potrebbe essere altrimenti essendo stato il
primo vero quotidiano nazionale, definito pure spesso “giornale dei
giornalisti”, nato come quotidiano d’opinione , essendosi posto
fin dalla sua fondazione, avvenuta per opera di Eugenio Scalari nel
1976, ovvero trent’anni fa, il problema della modernizzazione del
paese e della cultura di una sinistra di governo.
Si
insiste dunque sulla prima fumata nera, sulla Lega che fa saltare
l’accordo saldato da Fini e Casini propensi a votare il senatore
ds. Al centro dell’attenzione il quorum dei due terzi che, mancando
l’intesa fra centrodestra e centrosinistra, è risultato troppo
alto. Si racconta delle varie trattative notturne, delle schede
bianche dell’Unione e della Cdl che ha cercato di concentrare i
voti su Gianni Letta e, insomma, di tutti i “giochetti” e di
tutte le diverse “manovre” politiche tipiche dell’occasione. Il
personaggio-Napolitano è analizzato nel simpatico racconto della
moglie e, a tutta pagina, la notizia del ringraziamento di Prodi a
D’Alema per essersi chiamato fuori nella corsa alla presidenza.
Vengono poste sotto l’attenzione le frasi dei leader:
“Prodi.
Napolitano è un candidato che non può che unire il Paese e la sua
elezione al Quirinale sarebbe un passo avanti in questa direzione”;
“Fassino. Quali sono le ragioni per dire No a Napolitano? È stato
presidente della Camera, ministro dell’Interno e ora è senatore a
vita”; “Rutelli. Sosteniamo con convinzione un esponente dei Ds
ma ancora più un uomo delle istituzioni capace di rappresentare
tutti”.
La
candidatura di Giorgio Napolitano , per L’Osservatore Romano,
rischia di mettere la Casa delle libertà “di fronte a una scelta
in ogni caso difficile: un ulteriore rifiuto consentirebbe al
centrosinistra di far ricadere sulla Cdl la presenza di pregiudizi
che impediscono il dialogo”. E, all’Unità, Livia
Turco parla dell’indiscussa autorevolezza di D’Alema nel mondo
cattolico.
Decisamente
diversa è l’impostazione che il Giornale presenta proprio
il 9 Maggio e, d’altronde, differente è la sua storia e la sua
evidente vicinanza al partito Forza Italia.
In
prima pagina un titolo causticamente ironico che insiste sul nulla di
fatto alla prima votazione:
“Napolitano
il rosso per ora va in bianco”. Il fallimento di Napolitano è
insomma al centro della riflessione e si preme sul fatto che sia
stato il Polo a frenare l’Udc nella sua corsa verso il senatore ds.
A intitolare anche la quinta pagina è un Berlusconi che tiene sulla
corda Unione e alleati;
“I
dubbi del Cavaliere. Probabilmente Napolitano ci
riserverebbe un buon trattamento ma non avremo mai il via libera del
Carroccio”; “Il pressing di Fini e Casini.
La candidatura dell’ex ministro dell’Interno e il ritorno al
metodo Ciampi ci offrono comunque altre garanzie”.
Certo
il Giornale ci tiene a mettere zizzania e sostiene che Prodi
abbia mollato D’Alema che, a questo punto, pensa “allo sgambetto
nel duello tra ex del Pci”,e che la Margherita teme infatti che “il
lider Maximo diventi vicepremier e voglia regolare i conti in
sospeso”.
E per
L’Osservatore Romano Napolitano possiede un alto profilo
istituzionale.
Il
Corriere della Sera, nel giorno decisivo, mercoledì 10 maggio,
lascia spazio all’editoriale di Paolo Franchi che, con il suo pezzo
“Una chiusura sbagliata”, sottolinea i movimenti di Fini e
Casini e l’ “errore” di Berlusconi. Questo è dunque il giorno
del quarto scrutinio per il Quirinale e il giornale evidenzia, in
prima pagina, la scelta per il “no” del Cavaliere, il mancato
accordo, il fatto che il centrodestra non voterà Giorgio Napolitano
e che il centrosinistra potrebbe fare eleggere il suo candidato con i
suoi soli voti. Ad interessare il Primo Piano del Corriere, è
dunque la fumata nera anche nel secondo e terzo scrutinio; al
quotidiano preme sottolineare che per l’elezione al Colle bastano
505 consensi e spazio viene dato ai ringraziamenti di Prodi e di
D’Alema che ha dato un contributo decisivo per eleggere Giorgio
Napolitano. E c’è spazio anche per le indiscrezioni che parlano
della collaborazione di An e Udc nella manovra contro D’Alema e del
presunto appoggio di Buttiglione a Napolitano. In luce le difficoltà
nella mediazione:
“Berlusconi.
Non ci sono margini di intesa. Il nostro elettorato non accetterebbe
mai il voto dato a un rappresentante dell’altra parte”; “Fini.
Non abbiamo nessuna preclusione per un ds, ma l’Unione ha usato un
metodo sbagliato. E sarebbe un errore gravissimo dividere la Cdl”.
L’intervista
della quinta pagina è per Follini che si espone a favore del voto a
Napolitano, le mosse del quale restano sotto l’attenzione del
quotidiano, dalle chiamate ricevute per tutto il giorno da esponenti
di Udc, Forza Italia e An, che gli esprimevano sostegno, a quelle
degli amici che lo spalleggiano, alla sua dichiarazione in merito al
vedere Ciampi come modello:
“Non
ho il sentore di uno scontro frontale”. “Qualunque sarà la linea
della Cdl sarò imparziale”.
Viene
inoltre data voce allo sfogo di D’Alema che ammette di aver pensato
di andare al Colle e attacca il Cavaliere a cui, sostiene, sia
mancato coraggio per votarlo. Soltanto nell’ultima pagina dedicata
all’argomento, un articolo sul duello per il raggiungimento della
carica di vicepremier.
Lo
stesso giorno, un altro quotidiano, Il Tempo, intitola a tutta
pagina, con caratteri grandi e marcati, quasi inquietanti, “Oggi
o mai più”, parlando subito di una Cdl divisa su Napolitano e
incoraggiando l’Unione a “fare sul serio”. Sempre in prima
pagina, il commento di Roberto Arditti:
“Se
lo bocciano è già crisi”.
Poi lo
sguardo si butta indietro, addirittura si arriva al 1946, quando
l’Italia monarchica e quella repubblicana si guardavano diffidenti
e la conclusione è pesante:
“Oggi
un presidente che è la copia di re Umberto”.
La
parola va a Il Foglio di Giuliano Ferrara e a Left
wing,settimanale on-line fondato da “giovani dalemiani”, in
sintonia sul sì a D’Alema presidente e sul fatto che Berlusconi
avrebbe dovuto sostenerlo. Ferrara dice che Berlusconi avrebbe
sventato “la manovra dei casini e giochino fini”. Left wing
aveva creduto che il leader della Cdl non “avrebbe perso
l’occasione”.
Si
insiste sull’ultima chiamata di Napolitano prevista in giornata e
si descrive un’Unione preoccupata dai “franchi tiratori”:
“Soccorso,
ma soltanto clandestino, in arrivo dall’Udc”.
Le
previsioni parlano di un centro-sinistra compatto sulla scelta del
suo candidato e di una Cdl che lascerà immacolata la sua scheda.
Spazio ad un’Italia che vuole scendere in piazza per manifestare
contro il Ds, al “popolo” che si ritrova fuori da Montecitorio e
fischia i parlamentari e, però, guarda caso, batte le mani per Mara
Carfagna e Ignazio La Russa. A interessare il quotidiano è il
cambiamento di linea di Berlusconi, di cui la quinta pagina ci regala
una foto gigante, insieme alle affermazioni dell’ex ministro
leghista Roberto Calderoni, il quale sostiene che l’Unione non ha i
voti necessari per eleggere Napoletano senza l’aiuto della Cdl che
non ci può essere. La sesta pagina è dedicata ai tentennamenti di
Fini e Casini e, la settima, al Vaticano perché il candidato
dell’Unione non è apprezzato dalla maggior parte degli alti
prelati, più favorevoli a Marini, Amato e Monti, ma comunque
Napolitano è per loro un uomo con cui poter dialogare. Maurizio
Gallo: “Giorgio non è cattolico ma è una garanzia”.
Solo
nona pagina per Prodi che prepara il governo e deve fare i conti con
il “nemico” D’Alema, mentre un intero articolo dà voce al
“disperato rimpianto” degli Usa per Silvio Berlusconi.
“Addavenì
Giorgione” è il titolo allusivo e divertito uscito sulla prima
pagina de Il Manifesto; nell’editoriale Andrea Colombo
definisce Giorgio Napolitano un “diessino poco diessino” e
sostiene che “dalla battaglia del Colle esce sconfitto davvero solo
il leader della Quercia, Piero Fassino” e che D’Alema passerà
“presto all’incasso”.
Ed
eccoci giunti alla fine: Giorgio Napolitano è il nostro nuovo
presidente della Repubblica. L’opinione pubblica è in fermento e i
diversi quotidiani raccontano l’avvenimento. Ognuno a suo modo.
Ognuno seguendo sempre la sua tendenza politica, impossibile non
ammetterlo.
La
Repubblica intitola, soddisfatta: “Per la prima volta un ex
comunista al Quirinale”.
Il
quotidiano segue le tappe dell’elezione, si sofferma a raccontare
la composta attesa dello scrutinio, Napolitano circondato dai “vecchi
compagni miglioristi”, la pacata risposta agli auguri di Ciampi, la
voglia di fare del nuovo presidente e la sua importante affermazione:
“Sarò
il presidente di tutti”.
E,
ancora, i suoi eleganti ma discreti festeggiamenti mentre pensa già
alle riforme per il Paese. La descrizione delle reazioni dell’aula
vede l’ovazione della sinistra e la divisione della destra; Fassino
mostra le braccia alzate e i pugni chiusi, Prodi e Rutelli si
abbracciano non appena Bertinotti proclama l’elezione di Napolitano
; i grandi elettori di An e Udc uniti all’applauso dell’Unione
per Napolitano , mentre da Fi e Lega partono i fischi e Berlusconi se
ne va amareggiato mentre Napoli già festeggia il suo presidente.
L’attenzione
del giornale si indirizza poi a Prodi, esultante e desideroso di fare
il governo e pieno di stima per Napolitano, “uno dei suoi maestri
di vita”, e a Fassino che vede in questa elezione un segno di
continuità con la presidenza di Ciampi. Si insiste sulla storia del
comunismo italiano e sulla sua conquista del Colle dopo tante lotte e
chiusure. Un breve articolo per il placet proveniente dal Vaticano.
Ci si sofferma sulle divisioni e le ostilità del centrodestra:
Maroni contro Calderoli, attriti fra Casini e Berlusconi. Doveroso,
per la Repubblica, è un articolo che parla della delusione
dei dalemiani. Dall’America la reazione è :
“Lavoreremo
bene insieme”.
Come
sempre, più cauto, il Corrirere della sera:
“Napolitano
presidente:dialogo e riforme. È il primo ex pci sul
Colle. Sfogo del Cavaliere: brutta botta, tentato di mollare.
Tensione con l’Udc”
L’editoriale
è firmato da Paolo Mieli e parla dell’elezione di Napolitano come
di un risarcimento per una storia mancata, ma sottolinea la presenza
di due diverse sinistre al Quirinale. Il quotidiano sottolinea il
dialogo fra i Poli, la voglia di riforme del presidente che si
difende dagli attacchi ai suoi atteggiamenti di debolezza assunti nel
passato. Spazio alle parole di Cossiga:
“Finisce
un lungo e doloroso periodo storico che ha visto la nazione italiana
divisa e contrapposta, anche civilmente e moralmente, quasi con due
distinte fedeltà a due diverse patrie”.
Il
quotidiano racconta la compattezza dei voti dell’Unione, le schede
bianche del Polo. Si parla della carriera politica di Napolitano, lo
si dipinge come un “comunista socialdemocratico”. Sotto mira lo
scontro Berlusconi-Udc e la parola viene data ad Achille Silvestrini:
“Nel
mondo cattolico Napolitano gode di un apprezzamento generale. I tempi
sono cambiati, nessuno pensa più alla conventio ad excludendum verso
il Pci. Seguirà la linea di Ciampi”.
In
ultima analisi, le tensioni nella Quercia fra il presidente Ds e
Fassino per le candidature di D’Alema a vicepremier ed
Esteri. E la stampa estera vede nell’elezione di Napolitano un
punto a favore di Prodi. Per il Financial Times si è
mostrata “l’animosità della politica italiana”; Le
Monde: “Avrà un compito delicato in un Paese
diviso”; Sueddeutsche Zeitung: “Un parto
difficile per un bambino di 80 anni”.
Come
sempre forte e, in questo caso particolarmente pungente, il titolo di
Libero,:
“La
sinistra si elegge il presidente della repubblica. COMUNISMO COI
PANNOLONI”.
Il
giornale che l’eclettico Vittorio Feltri dirige dandogli
un’impronta che si potrebbe definire di “centrodestra”, anche
se spesso sfugge a tale “categoria”,vede in Napolitano
l’incarnazione di un passato troppo “passato”. E la
polemica è sferzante:
“Ci
tocca la pizza rossa alla Napoletano. Prodi & C. hanno il loro
presidente ideale: comunista, 81anni e che non conta”.
Si
insiste sulle defezioni dei due schieramenti e si dà voce alla
voglia di Berlusconi di mollare tutto, mentre Fini e Casini cercano
di scalzarlo. E della storia politica di Napolitano se ne sottolinea
il passato da comunista, ma con poco entusiasmo, e si parla delle sue
“tracce” fasciste, del fatto che in gioventù pare che avesse
seguito l’influenza del padre, facoltoso avvocato di formazione
liberale crociata che aveva preso parte al partito di Mussolini,
entusiasmato dall’oratoria del Duce e dall’impresa coloniale di
Etiopia. E Gilberto Oneto firma un articolo dal titolo:
“Con
Napoletano il nemico dei padroni esce allo scoperto”.
Modestamente
ironico, invece, Il Giornale, che intitola a tutta pagina:
“Sul colle sventola bandiera rossa” e sottolinea i “soli”
543 voti su 1003 del diessino Napolitano e la forte affermazione di
Berlusconi che vede la sinistra occupare ogni “poltrona”.
Scetticismo, dunque, per un presidente nuovo sì, ma dallo stile
decisamente “vecchio”. Il quotidiano insiste sulla debolezza
senile di Napolitano che giura di essere super partes
apprezzando gli applausi del centrodestra e invitando D’Alema a
prendere un caffè: “Spero di avere la forza necessaria”.
Il
Giornale batte sul piccolo quorum del presidente, sulla sua
prudenza in politica anche durante il dialogo con Craxi che però non
difese quando il Psi naufragò. Spazio allora alla sconfitta di
Fassino e D’Alema, all’ira di Berlusconi e all’amarezza di
Ciampi che si è sentito strumentalizzato dai Poli e si annuncia
guerra nella Quercia per i ministeri.
Sicuramente
Il Tempo non è meno caustico; intitola: “Un comunista
senza Unità”.
E Gian
Paolo Bonani scrive: “Giorgio, Gorbaciov all’italiana”.
In
luce i pochi voti di Napolitano, in ombra i veleni dell’ex
premier mentre, con la vittoria elettorale, la sinistra pone
l’aut aut al confronto e c’è battaglia per la guida della
coalizione. Sicuramente l’età di Napolitano è ironicamente al
centro dell’attenzione. E ad animare prepotentemente la nona
pagina:
“Nell’Aula
della Camera confida ai fedelissimi che cosa intende fare: mettere le
briglie a chi vuole sottrarsi alla sua guida. La prossima mossa del
Cav. : il partito unico. Berlusconi rilancia il progetto unitario per
legare l’Udc. Poi si sfoga: tentato dal fare un passo indietro”.
La
stampa , nata convogliando la borghesia piemontese e
accontentando dunque lettori di centrosinistra, non può che essere
cautamente pungente:
“Napolitano,
un post-comunista al Quirinale”.
Con
divertita malizia, in bocca a Berlusconi la famosa frase pronunciata
da Borrelli: “Resistere, resistere, resistere”. Si parla
dell’emozione del nuovo presidente dispiaciuto per i vari “tira e
molla” politici, lo si immortala nel suo studio in compagnia dei
fedelissimi e del rimpianto per le schede bianche del centrodestra.
Un imponente articolo dà così la parola al “rivale” di
Napolitano, Pietro Ingrao, che si dichiara ancora comunista a
differenza del nostro nuovo presidente di cui si raccontano, invece,
gli ottant’anni vissuti con discrezione. Interesse va poi ai
“Vincitori, vinti e traditi nella battaglia del Colle”, allo
scontro interno alla Cdl, alle accuse di Berlusconi all’Udc.
Ed
eccoci arrivati al quotidiano più soddisfatto per questa elezione,
l’Unità, lo storico giornale fondato da Antonio Gramsci il
12 febbraio 1924, fondato cioè da quell’intelletuale che scrisse
l’opera cardinale del pensiero marxista, l’uomo emerso da quel
gruppo torinese che diede originali svolgimenti al nuovo marxismo
italiano fino a rompere con il partito socialista per dare vita, nel
1921, al partito comunista. La prima pagina, allora, ha un titolo in
piena linea con gli ideali perseguiti:
“Buongiorno,Presidente.
Giorgio Napolitano eletto capo dello stato con 543 voti, la destra
sceglie scheda bianca. Cade l’ultimo muro:al Quirinale un
democratico di sinistra, un leader che viene dal Pci – Grazie a
tutti, favorirò il dialogo- Lunedì il giuramento. Nell’opposizione
è rissa totale”.
Già
dal titolo si evidenziano, insomma, tutti i punti su cui batterà il
quotidiano. Gli editoriali, di Antonio Padellaro e Furio Colombo
parlano, rispettivamente, di una “svolta” e di una “storia
pulita”. Si racconta dell’emozione di Fassino, delle
congratulazioni di Veltroni e si danno tranci della vita di
Napolitano come riformista: dal suo antifascismo si arriva
all’iscrizione al Pci nel 1945 e al suo superamento, al suo grande
sogno dell’Europa e si sottolinea la sua fervente passione
politica. Il titolo dell’articolo di Roberto Cotraneo ci dà l’idea
dell’atmosfera che vibra nelle pagine di questo numero dell’Unità:
“L’emozione di essere stati comunisti”.
Ci si
diverte a fotografare un Berlusconi rabbioso e se si parla del
rafforzamento della coalizione di centrosinistra, si parla pure di
una destra che attaccherà a testa bassa.
La
fine del percorso seguito, ci porta a concludere che notevole è la
rilevanza che i quotidiani occupano per quanto riguarda la scena
politica ed è innegabile che ognuno racconti a suo modo una stessa
notizia, seguendo la corrente che l’ispira. È allora scontato che
per comprendere davvero come stanno le cose, bisogna fare
costantemente un sunto di tutto quel mare di informazione che ci
viene scaraventato addosso. Ma è pur vero che spesso non se ne ha il
tempo. E allora conviene muoversi con prudenza e seguire quello in
cui si crede riservandosi però il diritto di non inchinare
indiscutibilmente il capo alle idee che un gruppo, un partito, un
quotidiano, incarnano, pure se ci convincono la maggior parte delle
volte, e scegliere sempre con la nostra testa anche se i mass-media,
del cervello, preferirebbero privarcene.
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Frignano, Lo sfogo di Berlusconi:ho voglia di mollare
tutto, Libero, 11 Maggio 2006
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Vasile, Napolitano presidente: “Grazie a tutti”,
l’Unità, 11 Maggio 2006
Sergio
Sergi, Giorgio Napolitano , l’Unità,
11 Maggio 2006
16°
“SCRITTURA E IMMAGINE”
CHIETI
FILM FESTIVAL
Il
“16° Chieti Film Festival Scrittura e Immagine” si è aperto
venerdì 3 novembre 2006 al Super Cinema di Chieti, presentando
all’attenzione di noi giurati e di quanti sono voluti intervenire
pagando un contributo irrisorio, il primo film in concorso: “Ma
che ci faccio qui”, di Francesco Amato, una
commedia leggera e divertente fatta quasi interamente dai giovani,
che sembrava volesse dirci che l’importante nella vita è tenere
alle piccole cose o, meglio, “desiderare ciò che si ha”.
Lunedì
6 novembre è stata invece la volta del secondo film presentato al
concorso, di quello cioè che poi ha vinto guadagnandosi il premio
per gli attori e per il regista: “Gas”,
di Luciano Melchionna, di sicuro un film forte, intenso, che si serve
dello sfrenato uso della violenza proprio per condannare la violenza
e ogni forma di discriminazione, prima fra tutte quella sessuale.
Attori esordienti ma comunque straordinari, regia strepitosa e
coinvolgente.
Il
giorno seguente è stato invece proiettato “I
cinghiali di portici”, di Diego Olivares,
un film che racconta, in modo eccessivamente noioso, banale e
melodrammatico, la storia di un gruppo di ragazzi napoletani che
vivono la difficile reclusione in una comunità di recupero e cercano
di combattere la noia e l’angoscia della loro condizione giocando a
rugby.
Mercoledì
8 novembre è stato presentato “Per non
dimenticarti”, della regista Mariantonia
Avati, in cui si parla di una giovane donna, Nina, che viene
ricoverata in un ospedale nel reparto di ostetricia dove si
intrecciano le diverse storie di più donne in attesa di dare alla
luce il proprio bambino e il finale è tristissimo perché proprio
Nina, per delle complicazioni, perderà il suo.
L’ultimo
film a cui la giuria è stata chiamata ad assistere, è stato
“Liscio”, con una
protagonista importante come Laura Morante, che racconta con
semplicità ed ironia la storia di un bambino che fa di tutto per
crearsi una famiglia stabile cercando un fidanzato alla madre,
disinibita cantante di Liscio nell’orchestra precedentemente
appartenuta a suo padre.
L’attività
svolta in qualità di giurati, non solo ci ha consentito di
catapultarci in un mondo, quello del cinema, affascinate e
culturalmente stimolante, ma di farlo anche conoscendo una parte del
cinema, quello fatto dagli esordienti, con cui spesso, e a questo
punto direi “purtroppo”, non si ha la possibilità di entrare a
contatto nella vita di tutti i giorni perché poche, o del tutto
inesistenti, sono le manifestazioni culturali che lo consentono e le
istituzioni scolastiche, accademiche, di sicuro non tentano di
cambiare la triste situazione presente.
Alla
D'Annunzio un importante Convegno Internazionale di Studi
DONNE
CHE CONTANO
NELLA
STORIA GRECA
Il Convegno Internazionale di
studi “Donne che contano nella storia greca”, tenutosi
nell'Università degli studi “Gabriele D'Annunzio” fra il 2 e il
4 Maggio 2007, ha dato modo a tutti i partecipanti di cogliere i
diversi ruoli e le molteplici funzioni che la figura femminile poteva
svolgere nel mondo antico.
Attraverso gli interventi dei
numerosi e prestigiosi professori provenienti da tutta l'Europa, si è
focalizzata l'attenzione sulla donna e, dunque, sul suo ruolo al
fianco dei vari tiranni, in una condizione di non esclusiva
sottomissione ma con una funzione di benefica influenza, contribuendo
anzi a portare le tirannidi verso il buon governo; difficile è però
dire concretamente cosa facessero queste donne, perché spesso
agivano nell'ombra, nelle oscure trame di potere. Il matrimonio con
un tiranno, inoltre, concedeva sì alla donna lusso e prestigio, ma
veniva pure considerato foriero di sventure e spesso i privilegi
acquisiti, con la fine della tirannide, si ritorcevano contro le
stesse mogli che difficilmente riuscivano ad ottenere un potere
solido e tutto, nella maggior parte dei casi, si svelava come immane
tragedia.
A proposito dei legami fra le
donne e il tiranno, il caso di Dioniso I di Siracusa che contrasse un
doppio matrimonio. Le donne sembrano aver dato un benefico contributo
al governo di Dioniso I, mitigando la sua violenza e forse dopo la
sua morte ebbero una funzione importante nelle lotta per la
successione, ma di sicuro pagarono a caro prezzo la fine del potere
dell'uomo a cui erano legate.
Sono state quindi presentate varie
figure di tirannicide, quali Tebe, Xenocrite, Erisso, Aretafila,
tutte accomunate dal fatto di aver ucciso tiranni crudeli, di aver
sposato un uomo non gradito, di aver ammazzato con l'inganno per
opera di uomini ad esse legati, per aver colpito il tiranno in un
momento in cui non poteva difendersi, a maggior ragione perché
innamorato e non sospettoso.
Attraverso la figura di Olimpiade,
donna di potere dal sapere caratterizzato da una forte religiosità
misterica,demonizzata perché proveniente dall'Epiro e definita
dunque “barbara”, si sono inoltre analizzati i pregiudizi sulla
condizione della donna rispetto al potere legale e così con Frine,
una cortigiana, (la cui esistenza è stata in passato messa in
discussione dagli studiosi),abilissima ammaliatrice, donna
inquietante e affascinante, coinvolta in un lungo processo.
La scarsa attenzione nei riguardi
di Elpinice nell'ambito degli studi moderni, si è inoltre rivelata
come il risultato di una più o meno consapevole resistenza
psicologica ad ammettere il ruolo politico indipendente e forte
esercitato dalla sorella di Cimone.
Un'altra donna che svolse una vita
decisamente particolare fu Ipparchia, che si comportava come
un'etera, partecipando ai conviti con il marito e unendosi a lui in
pubblico, contrariamente a quanto avveniva tradizionalmente.
Notevolmente interessante la
relazione su Archippe, la moglie di un ricco banchiere ateniese che
alla sua morte sposò il suo successore e operò in un ambiente pieno
di uomini:caso eccezionale per l'Atene del IV secolo.
Ci si è soffermati anche
sull'importanza della dote e sulle varie e intricate norme ad essa
legate. Nell'Atene di età classica il matrimonio vincolava infatti
fortemente il ruolo della donna alla volontà del suo rappresentante
legale ed erano i “natali legittimi” a rendere la donna
“sposabile” per legge. Eccezionali nella storia, in questo
ambito, due donne, Neera ed Alke che pur non avendo contratto un
matrimonio legale e non possedendo una dote, avendo dei figli
pretesero il riconoscimento dei diritti civili per la loro prole.
Fra le tante donne nominate
nell'ambito di questa vasta panoramica sul mondo antico, emblematico
il ruolo che Senofonte fa assumere alla sua Pantea, la moglie di un
principe, “moglie orientale” di potere, a cui appartengono tutte
insieme tante caratteristiche differenti che Senofonte aveva sempre
attribuito ad uomini e non a donne: è bellissima, “seduttiva”,
anche se in abiti dimessi emerge la sua classe e possiede virtù
maschili perché, ad esempio, mette a rischio la propria vita. È un'
ottima padrona di casa, gestisce le trattative di guerra e per
vestire il suo uomo per la guerra vende i suoi gioielli e prima che
questi parta per il combattimento gli fa un vero e proprio discorso
“maschile” dicendogli che preferisce la sua morte alla sua viltà.
Ad
Aristofane sono attribuite tre commedie con personaggi femminili a
pieno calibro, dai ruoli importanti come quelli maschili. E Platone
esprime opinioni contrastanti sulle donne nelle sue opere, passando
da un'uguaglianza con il sesso maschile ad un'inferiorità
ontologica(Timeo)
e questo può essere spiegato dall'evoluzione del pensiero del
filosofo. Nell'Introduzione al De
mulierum virtutibus,
Plutarco afferma che per aretè le donne non differiscono dagli
uomini, distanziandosi così dal pensiero di Tucidide, il quale
sosteneva che la donna doveva vivere nel silenzio e nella
riservatezza per essere apprezzata. Si dubita però su questa tesi di
Plutarco, pensando che sia una considerazione più legata
all'occasione dell'opera che alle sue effettive credenze.
Un convegno, dunque, decisamente
interessante, che è riuscito a fare luce su questioni rimaste per
troppo tempo nel buio della dimenticanza e a dare luce ad una figura,
quella della donna, spesso considerata assolutamente ininfluente
all'interno dei meccanismi culturali e storici.